Dalla gratitudine all'azione: inviati ad essere samaritani nel mondo

Nell'omelia conclusiva del Convegno il Padre Generale Ciro Sarnataro SDV esprime la gratitudine per l'eredità spirituale di Padre Michele, la speranza fiduciosa nella fedeltà dello Spirito e l'invito a farsi samaritani e locandieri nel mondo: Gesù ci ha guariti per farci guaritori, ci ha consolati per farci consolatori, ci ha riempiti per farci traboccare.

Dalla gratitudine all'azione: inviati ad essere samaritani nel mondo

Omelia 13 luglio 2025           Ritiro Servi di Cristo Vivo      Padre Generale Ciro Sarnataro SDV

Carissimi fratelli e sorelle, Gesù, Maria, Giuseppe.

In questa Eucaristia di  conclusione del ritiro, vorrei iniziare con una parola che sgorga dal cuore: gratitudine.

 Sì, rendiamo grazie al Signore, perché ci ha condotti per mano, ci ha nutrito con la Sua Parola, ci ha dissetati con il Suo Spirito, ci ha guariti nelle nostre profondità.

Sono stati giorni di grazia, di rinnovamento, di ascolto, di fraternità ed anche se siamo fisicamente un po’ stanchi, lo sentiamo: la nostra anima è piena di vita, piena di fuoco, piena di gioia. La gioia dello Spirito Santo.

E se siamo qui a celebrare, lo facciamo anche con una memoria viva nel cuore: quella del nostro amato padre Michele Vassallo.

Per tanti di noi è stato padre spirituale, guida, pastore, profeta, medico dell'anima. È stato colui che ha creduto, pregato, sofferto e combattuto perché i Servi di Cristo Vivo potessero nascere, crescere e portare frutto.

Non celebriamo la sua memoria come chi piange un'assenza, ma come figli consapevoli di un'eredità spirituale viva e operante. Tutto ciò che in questi giorni abbiamo vissuto - la comunione, la lode, la gioia, l'effusione dello Spirito - è anche frutto della sua fede e del suo sì al Signore.

Ed è commovente pensare che il suo cammino non sia interrotto, ma prosegue in ognuno di noi, in ogni Serva e Servo di Cristo Vivo, chiamati oggi più che mai a custodire, testimoniare e far crescere ciò che lo Spirito ha seminato attraverso di lui.

E in questo tempo nuovo, ci accompagna anche una nuova guida, una sorella che ha detto il suo sì con fede e responsabilità: la presidente, la signora Anna Leonetti.

A lei va il nostro affetto, la nostra preghiera, il nostro sostegno.

Non è facile raccogliere un testimone tanto carico di storia e di unzione, ma sappiamo che il Signore è fedele e che lo Spirito Santo non viene mai meno alle Sue promesse.

 Insieme, come corpo, come famiglia spirituale, continuiamo il cammino. Con gratitudine per chi  ci ha preceduti, e con fiducia per ciò che ancora ci attende.

 La prima lettura ci ha riportato nel cuore del cammino biblico: Mosè che esorta il popolo ad ascoltare la voce del Signore.

 Non una voce lontana, astratta, difficile da raggiungere ma una voce vicina, intima, accessibile. Una parola che – dice Mosè – “è nella tua bocca e nel tuo cuore”.

 Ed è proprio quello che è successo in questi giorni di ritiro. Abbiamo ascoltato la Parola, l’abbiamo proclamata, cantata, meditata, interiorizzata.

 E forse ci siamo accorti che Dio non è lontano, non è nascosto tra le nubi o nei ragionamenti complessi.

 È vicino. È dentro. È presente, non abbiamo bisogno di “salire in cielo” per trovarlo.

 Lo abbiamo incontrato nella lode, nella preghiera di effusione, nella fraternità condivisa, in una parola detta con amore, in un gesto di servizio. Il Regno di Dio è in mezzo a noi (Lc 17,21), ci ricorda Gesù.

 San Paolo oggi ci ha consegnato una delle pagine più luminose del Nuovo Testamento: ci presenta Gesù come il centro dell’universo e il centro della Chiesa. Tutto è stato creato “per mezzo di lui e in vista di lui”.

Tutto sussiste in lui. Egli è il principio e la pienezza.

In lui, ci dice Paolo, tutte le cose sono riconciliate, attraverso il sangue della croce.

È questo il Cristo che abbiamo celebrato in questi giorni. Non un Gesù “spirituale” inteso come vaga energia, ma il Signore della gloria, il Vivente, il Risorto, che ci ha effuso il Suo Spirito.

Questo è il cuore del nostro carisma: servire Cristo vivo.

 Non una memoria del passato, non una dottrina astratta, ma un Dio vivo, che agisce, guarisce, consola, parla, converte.

Abbiamo sentito la sua voce … E oggi ci manda.

Il Vangelo di oggi è una risposta diretta alla domanda che forse ci portiamo nel cuore: Signore, cosa vuoi da me, adesso che il ritiro finisce? La risposta è chiara, inequivocabile. Gesù ci dice: “Va’ e anche tu fa' così”.

La parabola del buon samaritano non è solo un insegnamento morale. È una rivelazione del cuor stesso di Dio.

Perché il buon samaritano è immagine di Gesù stesso, che si china sull’umanità ferita, la fascia, la cura, la carica sulle sue spalle, e la affida alla Chiesa, la locanda, perché continui l’opera di guarigione.

Ma è anche un richiamo per ciascuno di noi. Chi è il mio prossimo? È colui che Dio mette sul mio cammino.

Non posso scegliere chi amare.

La carità non seleziona, non dice: “questo sì, questo no”. Il vero amore cristiano è compassione concreta, ed allora lasciatemi sottolineare tre verbi che descrivono il cammino del samaritano – e il nostro:

a)     Vide e ne ebbe compassione

Non basta vedere. Anche il sacerdote e il levita hanno visto. Ma solo il samaritano ha sentito una ferita nel cuore davanti alla ferita dell’altro. La compassione, in ebraico “rachamim”, viene dalle viscere. È un amore che tocca il profondo, che si lascia ferire. Dove c’è compassione, lì c’è Dio.

b)     Si fece vicino

Non ha aspettato che l’altro chiedesse aiuto. Si è fatto prossimo. E oggi, in un mondo dove le distanze crescono, dove tutti hanno fretta, dove tanti sono “mezzi morti” per strada – spiritualmente, emotivamente, socialmente – noi siamo chiamati a farci vicini, a essere segno visibile della prossimità di Dio.

c)      Si prese cura

La compassione  diventa azione: fasciò, versò olio e vino (segni sacramentali!), caricò, portò, affidò. Il vero amore è concreto, compassionevole, perseverante. L’amore non è solo emozione spirituale, ma impegno reale. Anche quando l’altro non cambia, anche quando non è riconoscente.

E infine, non dimentichiamo il locandiere, come ci ricordò San Giovanni Paolo II. È colui che accoglie, che lavora dietro le quinte, che serve in silenzio. Forse tu non ti senti un “samaritano” straordinario, ma puoi essere un “locandiere” fedele, che fa della sua vita un servizio. Il Regno si costruisce anche così.

Fratelli, sorelle, questo tempo del ritiro è stato come il Tabor, dove abbiamo gustato la presenza di Dio.

Ma ora dobbiamo scendere dal monte, tornare alle nostra case, alle nostre parrocchie, ai nostri ambienti …. ma portando con noi il fuoco dello Spirito Santo che abbiamo ricevuto.

Non possiamo essere gli stessi di prima.

 Il mondo ha bisogno di samaritani. La Chiesa ha bisogno di locandieri. La nostra comunità ha bisogno di cuori ardenti e mani pronte.

Gesù Cristo ci ha guariti per farci guaritori. Ci ha consolati per farci consolatori. Ci ha riempiti per farci traboccare.

E mentre ci prepariamo a concludere questo ritiro, volgiamo lo sguardo a Maria, la Madre della compassione. Lei non è passata oltre.

Si è fermata sotto la croce, ha condiviso il dolore, ha custodito nel cuore la Parola. Lei, che ha accolto lo Spirito Santo nella sua carne, ci insegni ad accogliere Cristo nei fratelli.

Sotto la sua protezione, continuiamo il nostro cammino. Non siamo soli.

Allora, fratelli e sorelle, andiamo.

Non da soli, ma mandati, consacrati, inviati dal Signore della compassione. Siamo Servi di Cristo Vivo e il mondo aspetta di vedere in noi il volto del Samaritano, la fedeltà del locandiere, la tenerezza della Madre e la forza dello Spirito

“Va’, a anche tu fa’ così”. Amen


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